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Gastronomia

Il Tartufo

Categoria: fungo-ipogeo

Territorio interessato alla produzione: Scheggino, Norcia, corso del Fiume Nera, del Corno e del Sordo.

Epoca del raccolto: da novembre a marzo per il tartufo nero pregiato; estate per il tartufo estivo inverno per quello invernale.

Caratteristiche del prodotto, forma e colore:

Tartufo nero pregiato: è globoso con tendenza alla forma sferoidale ma non di rado presenta gibbosità per cui assume un aspetto irregolare, persino reniforme.
Si presenta rossiccio se immaturo e bruno scuro, quasi nerastro, a completa maturazione. L’interno è compatto, bianco se immaturo; grigio scuro se maturo. L’esterno è formato da sporgenze larghe dai 3 Ai 6 mm abbastanza irregolari. A maturazione può misurare un solo cm, ma spesso ha un diametro compreso tra i 5 e 8 cm. il peso può da qualche grammo a 40 50 grammi e non di rado può toccare 200 300 grammi con punte di 600 grammi. L’aroma è gradevole e delicato, talora anche molto intenso che si attenua con la cottura. Il sapore è squisito e caratteristico. Predilige terreni calcarei, permeabili, datati di elevata porosità, vive dai 300 a 1200 mt s.l.m. e preferisce esposizioni di nord-est o di nord-ovest a quote basse. Le piante preferite per la produzione del nero pregiato sono la Rovella, il Leccio, il Cerro, il Nocciolo e il Carpino Nero. È i, tartufo più conosciuto e apprezzato, noto come “ il diamante della cucina” o “ l’oro nero del mediterraneo”.

Tartufo nero invernale: ha forma variabile senza una base non definita. Si presenta rossiccio, violaceo se immaturo e bruno-scuro molto accentuato a completa maturazione. L’interno si presenta biancastro se immaturo, completa maturazione è compatto, grigio-brunastro ma con tonalità più chiara del pregiato. L’esterno è formato da verruche di piccole dimensioni che misurano 2 o 3 mm. Il tartufo nero invernale maturo ha un diametro che può variare da 1 a 7 cm al massimo. Il peso è variabile e può oscillare da pochi grammi a circa 30-100 grammi. L’aroma è fini e gradevole anche se non molto pronunciato. Il nero invernale vive negli stessi terreni calcarei del nero pregiato ma si adatta bene anche ai suoli più compatti argillosi, alquanto siccitosi, nel periodo estivo e più ombreggiati. Cresce da 200 a oltre 1000 mt di altitudine e preferisce esposizioni calde a quote alte. Ha una forte attività per la Rovella e il Nocciolo, ma comunque prodotto da altre specie tra cui il Faggio. È facilmente scambiabile con il nero pregiato, ma per il suo debole aroma è meno pregiato e costa meno.

Tartufo estivo: è globoso, rotondeggiante con lobi irregolari, tavola ovale e persino schiacciato.
È di colore brunastro con verruche generalmente molto grosse e sporgenti. L’interno ha consistenza soda, carnosa; inizialmente è bianca ed assume una tonalità nocciola sempre più scura a completa maturazione. Il diametro varia da 1-2 cm ad oltre 12-14 cm, per cui il peso può toccare anche 400-500 gr. Nel 1995 nel marchigiano è stato raccolto un tartufo estivo di 1680 kg. L’aroma è gradevole e delicato di fungo fresco ma generalmente debole. Predilige un terreno calcareo anche se è reperibile in terreni più argillosi. Cresce a circa 800-900 m s.l.m. le piante preferite per la produzione sono il Pino di Aleppo, il Pino domestico; la Rovella e il Leccio.

LA PULIZIA DEL TARTUFO: il tartufo porta con sé una quantità di terra annidata tra le sue verruche, sia perché residuo naturale del luogo di raccolto, sia per mantenere umidità al tartufo, sia per aumentarne il peso. Questa terra va tolta cercando di danneggiare il meno possibile il tartufo. La pulizia va fatta immergendo il tubero in poca acqua tiepida per pochi minuti, in modo da ammorbidire il terriccio. Successivamente, con uno spazzolino morbido si spazzola la superficie esterna, aiutandosi dove occorra, di un bastoncino appuntito per asportare le parti più reticenti.

TECNICHE DI CONSERVAZIONE (a carattere famigliare):

CONSERVAZIONE IN FRIGORIFERO: i tartufi si conservano in frigorifera 1 C° per circa 15-25 gg. Si prendono i tuberi cosi come raccolti (senza lavarli), si avvolgono con carta porosa, che si avrà cura di sostituire una volta diventata umida e sistemando in un barattolo chiuso ermeticamente. Si tenga presente che l’aroma del tartufo viene assorbito da vari elementi contenuti in frigorifero, per esempio latte e uova.

CONGELAMENTO: un metodo casalingo molto semplice consiste nel pulire bene i tartufi, triturarli finemente e preparare delle “polpette” da 20-30gr ciascuna, da conservare nel congelatore dentro sacchetti di plastica per alimenti; il tartufo mantiene bene il suo aroma per oltre un anno. È possibile congelare anche tartufi interi ben lavati dentro sacchetti di plastica (quelli di grosse dimensioni si consiglia di tagliarli in due parti). È importante portare il prodotto velocemente alla temperature di 18 C°. in questo modo i tartufi si conservano per circa 3 anni. Al momento dello scongelamento la temperatura deve essere mantenuta a circa 4 C°. una volta scongelati i tartufi non devono essere rimessi nel congelatore.

CONSERVAZIONE SOTTO OLIO: i tuberi ben puliti si mettono in vasetti con olio neutro, avendo cura di coprirli completamente. I vasetti poi ,conviene conservarli in frigo.

STERILIZZAZIONE: i tartufi accuratamente selezionati e lavati, scartando quelli con l’interno poco solido e compatto, si fanno bollire per circa 20 minuti in acqua contenete circa il 4% di sale da cucina; dopo di che vengono sgocciolati e sistemati in piccoli vasetti chiusi ermeticamente. Questi si sterilizzano nella pentola a pressione per circa 30 minuti. Ovviamente il tempo della sterilizzazione vara in base alla grandezza dei vasetti. Si raccomanda di raffreddarli lentamente. L’aroma del tartufo conservato attraverso la sterilizzazione non è perfettamente uguale a quello del prodotto fresco in quanto le sostanze responsabili del profumo sono volatili.

ESSICCAMENTO: i tartufi dopo averli puliti e tagliati a fette di 5 mm di spessore vengono essiccati al forno per pochi minuti e conservati poi sottovuoto o chiusi ermeticamente in vasetti. L’aroma diminuisce un po’, ma i tartufi mantengono il loro aspetto appena rigonfiati in acqua tiepida o nel latte.

La Trota

Categoria: pesce d’acqua dolce

Nome dialettale: “ trotta”

Caratteristiche del prodotto, forme e colore: la trota è un salmonide che esige acque fresche e limpide. Raggiunge, generalmente, una lunghezza di 30/40 cm; è di colore argentato, più o meni scuro, con puntinature rosse o più scure. La sua carne è saporita e delicata sia nel gusto che nel colore, per questo viene definita la regina della fauna di questi territori.
Essa si distingue in 3 varietà: Fario, che è la specie più pregiata e autoctona; Argentina e Iridea, che sono invece di importazione e più idonee alle vasche di allevamento, in quanto più lente delle altre.

Lo Strutto

CATEGORIA: grasso di origine animale

TERRITORIO INTERESSATO ALLA PRODUZIONE: le regioni interessate sono l’Umbria, l’Emilia e il Lazio; tale prodotto non è in vendita, si può trovare solo presso le famiglie di contadini che ancora oggi lo producono.

LE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO: di colore bianco, mantiene a lungo un aspetto cremoso, è molto utilizzato nella cucina italiana, soprattutto in passato. In molte regioni si usa profumarlo attraverso l’unione di cipolla o delle foglie di alloro.

Asparago

L’ “asparago spinoso” o “asparago pungente” è una pianta perenne presente in tutto il bacino del Mediterraneo.
Questa pianta della famiglia delle Liliaceae cresce in tutto il bacino del Mediterraneo, ma da queste parti è particolarmente apprezzata, e durante la stagione, che va da marzo a fine maggio circa, si possono notare molti venditori ambulanti di “Asparagina”.
Vengono perlopiù impiegati per la preparazione di frittate o come condimento per gli strangozzi, la pasta tipica della zona.
Quando in passato scarseggiavano, i gambi anziché essere buttati venivano prima legati e poi lessati nell’acqua della pasta, per saltarne di più il sapore.

Strigoli

Il nome “strigoli” deriva dal rumore (un particolare stridio) che producono le foglie se sfregate tra di loro.
Nella campagna umbra (ma un po’ in tutta Italia) crescono gli strigoli, una deliziosa pianta perenne, particolarmente buona se saltata in padella.
Gli strigoli, stridoli, s-ciopit, carletti, grisol, sonaglini, come vengono chiamati in altre parti d’Italia, sono un’erba selvatica conosciuta fin dai tempi antichi per il buon sapore e le interessanti proprietà nutritive, depurative e riattivanti del fegato, che si raccoglie solitamente da marzo a maggio (varia da regione a regione, a causa del clima differente).
Si possono mangiare anche crudi, ma danno il meglio se utilizzati nelle frittate, nei ripieni pasta, in torte rustiche o nei risotti.
Il loro curioso nome ha origine onomatopeica: riproduce infatti il rumore che fanno gli steli tra le mani, pare che strigolino!

Legumi

I legumi sono piante erbacee eccezionali: sono presenti tutto l’anno e i loro semi sono ricchi di proteine.
Per questo motivo hanno rappresentato fin dai tempi dell’antichità una fonte primaria di sostentamento per l’uomo.
Legumi di alta qualità come lenticchie, fagioli, ceci -incluse rarità come la roveja e la cicerchia- sono abbastanza diffusi nel centro Italia, e infatti li troviamo presenti in tutto il territorio spoletino e in Valnerina, secondo le antiche tecniche di rotazione delle colture.
È molto importante rispettare i cicli naturali del terreno, in quanto le leguminose hanno la capacità di fissare nel suolo l’azoto presente nell’aria, rendendo le piante dei potenziatori della fertilità del suolo. Ecco perché la maggior parte della produzione segue i principi dell’agricoltura biologica e soprattutto biodinamica.
Tutti conoscono l’apprezzatissima Lenticchia di Castelluccio o quella di Colfiorito, ma nella zona di Spoleto i risultati sono eccellenti, con produzione di lenticchia nera e di cece piccino – caratterizzato da un seme piccolo, particolarmente gustoso- che non si sbuccia durante la cottura.
Data al grande presenza di legumi in queste terre, le zuppe sono un piatto molto diffuso nella cucina tipica umbra.

Parmigiana di gobbi

I “gobbi” sono i cardi. Questo piatto viene preparato con una salsa di pomodoro e l’aggiunta di parmigiano. I gobbi vengono prima bolliti, poi fritti e messi al forno. Una prelibatezza spesso presente anche nei menu dei ristoranti tipici.

Strapazzata al tartufo

Le frittate sono molto comuni nelle cucine tradizionali, e in Umbria si preparano anche con asparagi selvatici, strigoli o altre erbe spontanee.
Questo piatto autunnale si prepara unendo un ingrediente povero come l’uovo, a uno dei più pregiati, il tartufo nero, per un risultato incredibilmente prelibato e gustoso. Per strapazzata si intende una frittata morbida, ben cotta fuori ma molto soffice dentro (basta cucinarla velocemente a fiamma alta).

Cinghiale in casseruola

Un piatto a base di cacciagione, presente spesso nei menu dei ristoranti umbri, ma anche in quelli delle Marche, del Lazio e della Toscana. Il cinghiale in umido è un secondo piatto molto saporito che si prepara con lo spezzatino di cinghiale tagliato a cubetti e l’aggiunta di salsa al pomodoro, vino rosso, aromi e altri ingredienti a piacere che possono dare più sapore al piatto. Per la casseruola si intende un tipo di pentola in metallo, con fondo piatto e le pareti alte con uno o due manici

Agnello alla cacciatora

Il soffritto tipico per la preparazione di questo piatto si fa con sedano, carota, cipolla, aglio, rosmarino, salvia, alloro, due bacche di ginepro, qualche cappero e filetto di acciughe. L’agnello va cotto a pezzi non troppo grandi e si fa rosolare bagnando la carne con del vino bianco

Crescionda

È un dolce tradizionale dello spoletino di antichissime origini. Le testimonianze riguardo alla preparazione di questo appetitoso dessert si presumono nel Medioevo, quando era apprezzato nelle pietanze il castrato in agro e dolce. La ricetta originaria infatti prevedeva ingredienti quali: formaggio pecorino, uova, brodo di gallina, pane grattugiato, buccia di un limone, zucchero, cioccolato fondente o cacao amaro.
Oggi la cresci onda predilige abbinamenti “meno azzardati” e si prepara con amaretti, cioccolato fondente, la scorza di un limone, le uova, lo zucchero e la farina. All’aspetto si presenta bassa, di consistenza morbida costituita da tre strati( per questo viene detta “torta magica”: un fondo formato da amaretti e farina, uno centrale chiaro e morbido come un budino, uno superficiale marrone scuro costituito dal cioccolato). La cresci onda è ancora oggi un dolce tradizionale del Carnevale.

Zuppa di farro

La zuppa di farro è un piatto caldo molto diffuso durante i mesi invernali. Si unisce il cereale alle verdure di stagione e, a piacere, è possibile aggiungere anche della pancetta, o del prosciutto tagliato a cubetti. In passato rappresentava per i contadini un’ottima risorsa, essendo molto nutriente e ricca di Sali minerali.

Risotto con strigoli

È un piatto prevalentemente primaverile, legato alla presenza stagionale degli strigoli, tipici della Valle Umbra. Si prepara con questa erba campestre, conosciuta in alte regioni come carletti, stridi o sciopeti. La ricetta prevede l’utilizzo del parmigiano, anche se è interamente basata sul spore di questa particolare erba spontanea e perenne, dal profumo antico e naturale.

Faraona in salmì

Questo piatto altamente gustoso ara tra quelli che la nonna faceva la domenica o in occasione delle feste. Il salmì è un tipo particolare di salsa che accompagna i piatte di carne e che è essa stessa a base di carne. La particolarità si questa ricetta stà proprio nell’abbondante sughetto che si forma un cottura. La tradizione vuole che faraona venga divisa in otto pari prima della cottura.

Baccalà in umido (o alla spoletina)

Ogni famiglia anticamente aveva la propria variante per questa ricetta. Quella più tradizionale prevede l’utilizzo di vino bianco, prugne secche, con l’aggiunta di un cucchiaio di pomodoro ( spesso nel condimento ci sono anche pinoli e uvetta)

Attorta

L’attorta e il nome con cui nello spoletino si intende il dolce di pasta arrotolarta apparentemente simile allo strudel con al suo interno mele, frutta secca (noci tritate, uva passa, pinoli, fichi) e spezie varie con varianti come il cacao amaro, lo zucchero a velo e l’alchermes ( nelle zone del folignate e dell’assisano è noto come rocciata). Diversi anche i periodi in cui questo dolce si prepara: per il periodo natalizio nello spoletino, per le ricorrenze di inizio novembre nel folignate e addirittura per carnevale nelle altre zone come i Monte Martani. Le sue origini vengono fatte risalire al periodo delle invasioni in Italia dei popoli del Nord Europa; infatti, i principali ingredienti della attorta sono comuni allo strudel.

Strangozzi

Tra i piatti più diffusi e tradizionali ci sono gli Strangozzi alla spoletina, conditi con un sugo leggermente piccante a base di pomodoro e aglio. Apprezzatissimi e richiestissimi anche quelli al tartufo, condimento principe di questa pasta. Secondo una leggenda, Federico Barbarossa sostò nel Castello di Possignano e rimase talmente colpito della bontà di questo piatto che decise di non radere più al suolo l’Umbria.
Può capitare, a seconda della stagione, di trovare anche gli Stangozzi con gli asparagi selvatici, che crescono spontaneamente nelle vicinanze dei boschi e vengono raccolti in primavera.

Il piatto più tipico – gli strangozzi tirati a mano

Gli strangozzi sono una pasta lunga, simile alle fettuccine, ma più spessi e di forma quadrangolare, con una superficie piuttosto ruvida.
Il detto popolare dice “fini de pasta erti de coltello”, per dare delle indicazioni su come ottenere la forma tipica.
Una volta venivano preparati con sola farina di grano tenero, acqua e sale, mentre oggi sono molto diffuse anche le preparazioni che prevedono l’utilizzo dell’uovo nell’impasto.
È una pasta diffusa in tutta la tradizione conosciuta nel territorio compreso tra Foligno e Spoleto, a includere alcune zone della marche e del Lazio magari con nomi o abbinamenti diversi: stringozzi, strengozzi, strongozzio o strozzapreti. Tuttavia gli spoletini preferiscono chiamarli “strangozzi”. Il nome nasconde una storia curiosa, che ricorre la periodo del dominio della Stato Pontificio, quando gli anticlericali umbri si appostavano in posti strategici e all’arrivo dei preti si toglievano le stringhe delle scarpe, per tentare di strangolarli !